Le chiese di Andalo

Il primo testo che parla di una chiesa nel paese di Andalo è il documento di consacrazione dell’altare di Sant’Antonio Abate, riportato da Don Carlo Roner nella sua “cronaca”. Secondo questo documento, sabato 15 giugno 1504 il vescovo drivastense Francesco dalla Chiesa celebrò la consacrazione dell’altare che si trovava nella prima cappella di Andalo, consacrata ai Santi Vito, Modesto e Crescenzia e risalente, secondo il Roner, ad un secolo prima.

Tale cappella, provvista di cimitero e quindi adibita a chiesa di cura d’anime, si trovava al Puele (Maso Doss) e fu oggetto di importanti lavori di ampliamento tra il 1530 e il 1536, che portarono anche alla costruzione di un campanile in stile romanico, simile a quello ancora esistente della chiesa di San Tommaso a Cavedago.

Nei documenti ecclesiastici si fa riferimento alla chiesa di Andalo ampliata a partire dal 1537, citando la bella campana “frutto dell’intervento devoto del dinasta di Belfort Ottaviano Concini”, tuttora facente parte del concerto di campane dell’attuale campanile a Maso Fovo. 

Negli ultimi anni del Cinquecento, probabilmente per avere un luogo di culto centrale al servizio dei masi più distanti, divenuti nel frattempo più consistenti, e come voto contro la pestilenza che colpì anche queste zone, venne costruita la cappella di San Rocco lungo la vecchia strada per Maso Toscana e Fai della Paganella. La chiesa, ancor oggi visitabile, è citata per la prima volta in un documento del 1580. 

In risposta all’aumentata popolazione, nel corso del Settecento venne costruita una nuova chiesa, quella che oggi giorno si trova a Maso Fovo, a fianco della moderna chiesa a pianta circolare. L’ubicazione, centralissima, si ritiene legata alla sede delle antiche riunioni della “Regola” di Andalo. I lavori terminarono il 9 novembre 1783 con la benedizione di Don Pasio, pievano del Banale. Per la consacrazione si dovette attendere fino al 1874, quando il vescovo di Trento Benedetto Riccabona si recò ad Andalo. L’erezione della nuova chiesa, nel Settecento, sancì l’abbandono dell’antica chiesetta di Maso Doss e del suo cimitero, che vennero a poco a poco smantellati. Di questa si conservano tuttavia alcune parti artistiche: la sopracitata campana del Concini, la cuspide del campanile adibita a acquasantiera nella cappella di San Rocco, l’architrave centrale in pietra con incisa la data del termine dei lavori di ampliamento (1536 M.O.D, maximo optimo Deo) attualmente collocato sull’ingresso laterale della chiesa del Settecento e le teste in pietra di alcuni puttini, murate da privati nelle loro abitazioni. 

A completamento della nuova chiesa, nel 1786 si costruì una canonica che tuttavia, venne demolita negli anni ‘80 del Novecento e al suo posto venne eretta l’attuale abitazione del parroco. 

Negli anni ’30 del Novecento si iniziò la progettazione dell’ampliamento della chiesa settecentesca, per far spazio all’ormai numerosa popolazione, ma nel 1943 i lavori vennero abbandonati a causa del protrarsi della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1967 gli spazi e gli arredi vennero adeguati secondo le direttive del Concilio Vaticano II. 

Il progetto di ampliamento venne ripreso più recentemente e, nel 1974 si concluse l’erezione dell’attuale chiesa, opera dell’architetto Francesco Rovetta, posta a diretto contatto con l’abside di quella settecentesca senza invaderne il sagrato.

Come riportato nella sua stessa “cronaca”, Don Carlo Roner fu l’ultimo protagonista di un tentativo di ripristinare l’uso dei luoghi consacrati al Doss:

Sarebbe stato mio vivissimo desiderio che si restaurasse e richiamasse al culto almeno quell’antico cimitero, la cui cinta è ancora visibile, che colla sua croce in mezzo indicasse il luogo dove quassù per la prima volta s’è immolato il Divin Sacrifizio e dove i morti di forse quattro secoli aspettano la risurrezione. Negli scavi da farsi per la spianatura io non avrei dubitato con un po’ di antiveggenza di giungere a rilevare le fondamenta e, dietro ad esse, la pianta dell’antica chiesa. Altri lavori richiesero la mia attenzione, ma fò voti che un mio successore illumini questo popolo e comune, d’altronde molto arrendevoli, della convenienza e opportunità di quest’opera; e che venga presto il giorno in cui appiè della croce si preghi la Pace e in pubblico e in privato agli antichi abitatori di questo Altipiano, su quel luogo stesso santificato da loro e visitato in persona da almeno tre vescovi consecratori.

Nel 2021 alcuni scavi, diretti dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Trento, hanno portato alla luce i resti dell’antica chiesetta e del cimitero di Maso Doss. 

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